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Ddl 1078

Non siamo “bestie” che fanno violenza nei confronti degli animali perché usiamo il collare a scorrimento.

Noi non commettiamo violenza sui cani quando utilizziamo il collare a scorrimento.

ATAACI, fin dalla sua costituzione, si è sempre battuta per opporsi a dichiarazioni ed atti appartenenti ad una ideologia che nulla a che vedere con la tutela del benessere di cani e persone.

 

Senato della Repubblica XVIII LEGISLATURA
N. 1078
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori PERILLI e MAIORINO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 FEBBRAIO 2019
Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al codice civile, nonché altre disposizioni
in materia di tutela degli animali
Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge, che riprende – integrandolo- un analogo testo già depositato nella scorsa legislatura dall’onorevole Ferraresi (atto Camera n. 3592), è teso ad introdurre norme più stringenti quanto alla tutela degli animali, di fatto, inattuata, sia in ragione della esiguità delle pene previste per i reati in danno degli animali, sia dell’inesistenza di qualsivoglia forma di controllo da parte delle forze dell’ordine sul fenomeno.
Il testo, complesso ed articolato, è il risultato di una lunga ed intensa attività istruttoria, anche in collaborazione con diversi esperti. « Le persone che commettono un singolo atto di violenza sugli animali sono più portate a commettere altri reati rispetto a coloro che non hanno abusato di animali.
Come segnale di un potenziale comportamento antisociale – che include ma non si limita alla violenza – atti isolati di crudeltà nei confronti degli animali non devono essere ignorati dai giudici, psichiatri, assistenti sociali, veterinari, poliziotti e tutti coloro che incappano in abusi sugli animali durante il proprio lavoro ». (The Web Of Cruelty: « What animal abuse tells us about humans », di Arnold Arluke).
L’FBI ( il Federal Bureau of Investigation) ha classificato i dati relativi agli abusi sugli animali come « crimini contro la società », in ragione dell’associazione di tali reati con altri crimini violenti. Sulla base dei dati precedenti rilevati, il 46 per cento degli assassini seriali, durante l’adolescenza, ha maltrattato degli animali, mentre l’86 per cento delle donne vittime di abusi aveva segnalato violenze nei confronti dei propri animali.
I soggetti in grado di compiere maltrattamenti sugli animali possono manifestare verso la componente più fragile della società i medesimi comportamenti. Questi costituiscono ulteriori motivi per i quali non può non apparire opportuno uscire quanto prima dal rigido paradigma della pietas nei confronti degli animali, elevando la tematica in esame ad argomento ben più articolato e complesso, quale di fatto è, che esplica le sue conseguenze su un panorama ben più ampio nella nostra società.
É possibile affermare, infatti, che il contrasto alla crudeltà sugli animali possa costituire, in generale, un efficace strumento di prevenzione del crimine.
É parallelamente fondamentale, dunque, l’approccio che le Forze dell’ordine dovrebbero assumere nelle indagini sui casi di maltrattamento di un animale, da considerarsi quali pericolosi campanelli d’allarme relativamente alla violenza che esiste in un determinato contesto – spesso familiare – e che meritano di essere esaminati in maniera adeguata.
L’esercizio della violenza sugli animali – a parere dei proponenti – è stato finora scarsamente contrastato e arginato, purtroppo, per l’esiguità delle sanzioni previste, che non prevedono quasi mai il ricorso al regime detentivo, e per la lentezza dei processi che hanno determinato la prescrizione dei reati.
Premesso che l’esigenza di una maggiore tutela dell’animale trova la propria giustificazione non unicamente nel fatto che gli animali sono ormai riconosciuti, anche a livello giuridico, quali esseri senzienti, ma anche nella circostanza già citata che i soggetti che compiono violenze e maltrattamenti sugli animali sono quelli che possono manifestare violenza nei confronti della componente più fragile della società.
Anche in relazione agli illeciti amministrativi, la presente proposta inasprisce le sanzioni amministrative pecuniarie, da applicare laddove i fatti non integrino gli estremi di un reato, e introduce nuovi divieti, quale, ad esempio, il divieto di utilizzo di particolari dispositivi di controllo dell’animale.
L’articolo 10 introduce nel nostro ordinamento il divieto di importazione, cessione o utilizzo di alcune tipologie di collari e, salvo che il fatto costituisca reato, connette alla violazione del divieto una sanzione amministrativa. In particolare, i dispositivi vietati sono i seguenti (comma 1): collari elettronici; collari elettrici; collari con le punte; collari a strozzo; collari a semi-strozzo. Sono invece leciti i collari dotati unicamente di sistema di controllo satellitare GPS (comma 2). La violazione del divieto di importazione, vendita, detenzione, utilizzazione o cessione è sanzionata, « salvo che il fatto costituisca reato », con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 25.000 euro. In caso di recidiva, la sanzione è raddoppiata. Quanto alle sanzioni accessorie, se la violazione è commessa nell’esercizio dell’attività di impresa, si applica la sospensione della licenza da sei mesi a due anni; in caso di recidiva reiterata, la licenza è revocata. I possessori di dispositivi vietati alla data di entrata in vigore della riforma dovranno consegnarli – entro un mese – al servizio veterinario dell’azienda sanitaria locale competente per territorio, che provvederà all’eliminazione (comma 3).
I proponenti auspicano che il presente disegno di legge – in linea con le evidenze scientifiche della psichiatria, della criminologia, della medicina veterinaria e dell’etologia – sia presto calendarizzata in Parlamento e diventi in tempi brevi legge dello Stato.